martedì 10 luglio 2012

GOSPEL & SPIRITUALS






GOSPEL & SPIRITUALS
La musica nera
La musica nera è definita come una musica di unità, ovvero una musica che unisce la gioia e la tristezza, l’amore e l’odio, la fede e la disperazione degli Schiavi Negri d’America che nella loro difficile condizione sociale trovarono nella musica religiosa la sola forza per sopravvivere.
La storia racconta che la schiavitù iniziò nel 1619 quando i primi Negri delle coste Africane furono strappati con violenza dalla loro terra d’origine, incatenati su centinaia di navi e trasportati aldilà dell’ Atlantico, negli Stati Uniti d’America, per essere venduti come ‘bestie da lavoro’.
Gli schiavi sopravissuti alla tratta e comprati dai padroni bianchi, venivano deportati nelle grandi piantagioni di cotone e costretti a vivere e lavorare in condizioni disumane: a loro non restava altro che adattarsi e rassegnarsi ad un nuovo mondo, fatto di regole tanto spietate quanto incomprensibili.
Furono privati di dignità, umiliati, linciati ed emarginati, ma soprattutto furono costretti a rinunciare ad un bene d’immenso valore: la libertà.
Di fronte a questa situazione, fu per loro inevitabile sviluppare una forma interiore di resistenza, richiamando le sole risorse culturali che avevano potuto portare con sé. Tra queste risorse quella che più si dimostrò capace di accompagnare lo schiavo nella sua monotona e dura resistenza fu la musica.
La musica rappresentò per gli schiavi Negri d’America il solo conforto ed il solido sostegno ai tormenti fisici e morali subiti.


La musica e la danza si praticavano in Africa quasi senza interruzione; erano l’espressione della religiosità africana. Ogni evento della comunità era scandito dalla danza rituale e dal suono degli strumenti a percussione, a corda e a fiato; i ritmi e le melodie rappresentavano un vero e proprio linguaggio sociale per veicolare informazioni importanti e per esprimere pensieri ed emozioni.
Inevitabilmente la tradizione musicale africana fu una delle realtà che gli schiavi neri portarono nelle Americhe diventando uno dei pochi elementi di certezza per tutti quegli uomini e donne che, sottratti improvvisamente al proprio ambiente, si ritrovarono proiettati in una realtà drammaticamente diversa.
Il poter ballare, suonare e cantare mantenendo il ricordo della terra d’origine, era essenziale per gli schiavi Negri d’America perchè solo così potevano esternare e condividere i propri sentimenti di dolore, rabbia, rassegnazione, ma anche di speranza.
In origine la musica accompagnava e sosteneva la gente nera solo nelle segrete riunioni rurali, ma appena fu permesso, anche durante il faticoso lavoro nei campi di cotone.
Nelle piantagioni il canto intonato spontaneamente da una sola persona, lentamente coinvolgeva tutti i braccianti e le voci erano accompagnate dal battere delle mani, dal battere del piede per terra e dal suono di qualsiasi oggetto improvvisato strumento fra cui oggetti di cucina, tinozze, manici di scopa. Questi canti, chiamati canzoni del grano, descrivevano la vita giornaliera degli schiavi, con le loro fatiche e il loro desiderio di libertà; ma rappresentavano anche, come nella terra d’origine, un importante ed essenziale mezzo di comunicazione.
La schiavitù durò oltre due secoli e mezzo: lungo tutto questo periodo i Negri delle piantagioni furono sempre a contatto con la gente bianca e pertanto obbligati a familiarizzare con gli usi e i costumi tipici dei loro padroni. In particolare, amanti della musica, fu per loro naturale apprendere i motivi tipici della musica popolare celtica, irlandese, anglosassone, ossia dei colonizzatori europei.
In questo contesto si verificò un incontro di fondamentale importanza: un incontro fra il mondo musicale Africano e quello Europeo che portò allo sviluppo di una nuova tradizione culturale e musicale.
Dalle semplici canzoni del grano degli Schiavi Negri d’America, nasce una nuova musica, definita musica afro-americana, alla base della musica Jazz, Blues, Negro-Spiritual e Gospel.
La nascita della musica Spiritual & Gospel
Gli Schiavi Negri d’America, nonostante il forte legame con la musicalità e la tipicità della religione africana, furono costretti dai padroni bianchi a frequentare le Chiese Americane. I padroni volevano sfruttare questo momento per insegnare la resistenza alle sofferenze e l’importanza di obbedire agli ordini, ma in realtà la Religione e la Teologia Cristiana diventarono per i Negri d’America un vero e proprio strumento di liberazione.Attraverso la Chiesa, infatti, gli schiavi ottennero la possibilità di incontrarsi al di fuori della loro condizione sociale e di conoscere importanti avvenimenti che toccarono e condizionarono profondamente il loro animi. I Negri furono coinvolti dalle sofferenze e dalle persecuzioni che il popolo ebraico dovette sopportare da parte dei faraoni; individuarono un’assoluta corrispondenza di tormenti, attese e certezze tra l’Ebreo in cerca della Terra Promessa, ed il Negro in cerca della pace.

Di fronte alla liberazione del popolo d’Israele dalla mano degli egiziani grazie ad un Dio che infondeva fede, gioia e speranza, gli schiavi capirono che anche loro, attraverso quello stesso Dio, avrebbero potuto raggiungere la tanto attesa libertà. Iniziarono così ad avvicinarsi alla religione Cristiana e ben presto si convertirono completamente al Cristianesimo: sostituirono i loro dei con il Dio cristiano ed i loro eroi con i grandi personaggi Biblici del popolo d’Israele.
La loro disperazione si trasformò in una forza interiore nuova.
La presa di contatto con i valori e la cultura del Cristianesimo si riscontrò anche nella tradizione musicale: i riti africani dei Negri uniti ai temi della religione dei Bianchi portarono alla nascita di una nuova musica, che fu definita “Negro Spiritual”, dove il termine Spiritual equivaleva ad “interiore”, ovvero era l’espressione di un’anima, il canto di un popolo, il popolo afro americano.
Le melodie, accompagnate dalle danze e dal battere delle mani e dei piedi, dall’uso di tamburelli, percussioni o da strumenti improvvisati come nelle prime e ormai vecchie canzoni del grano, diventarono l’espressione della fede di un popolo, un popolo che ritrovò nell’avvenimento cristiano la fonte della libertà per l’uomo. Non più solo angoscia e sgomento per le condizioni fisiche e morali, ma fede e speranza che le fatiche ed il dolore possano alla fine cessare.
La musica Negro Spiritual non fu altro che un nuovo canto religioso, una rielaborazione degli inni europei arricchiti dai colori e dai ritmi africani.
Quando nel 1865 la schiavitù fu abolita e ai Neri fu permesso di frequentare le scuole, studenti ed educatori portano la musica nata all’interno delle Chiese di campagna e nei campi di lavoro, anche al di fuori delle riunioni rurali. I bianchi accolsero questa nuova forma musicale con curiosità, simpatia e talvolta ammirazione: alcune Chiese cittadine diventarono addirittura eredi e simbolo delle grida e degli applausi delle canzoni e dei balli ritmici della musica africana.
La musica Negro Spiritual diventò sempre più importante e conosciuta: dall’essere una musica rurale accompagnata principalmente dal battere delle mani, diventò una musica urbana arricchita da nuovi strumenti musicali: percussioni e fiati presto presero il sopravvento sulle voci portando ancora una volta alla nascita di nuovi generi musicali.
Le nuove melodie ispirate alla Bibbia e al Vangelo come negli Spiritual, ma arricchite da musiche e sonorità decisamente originali, furono definite canzoni Gospel, ossia canzoni del Vangelo (Gospel significa infatti Vangelo).
Il genere Gospel pertanto non fu altro che un’evoluzione dello Spiritual, l’espressione di un genere di musica religiosa, i cui testi di carattere soggettivo ed esortativo, erano generalmente interpretati da un solista e centrati su un unico tema, come la conversione, la salvezza e la ricerca della spiritualità.
In particolare la nascita e la diffusione di questi singolari brani è da attribuire all’iniziativa di Thomas Dorsey, blues man di Chicago, di rivedere alle fine degli anni ’20 la forma tradizionale dello Spiritual.
Dorsey unì le grida di lode, gioia e fervore emotivo degli Spiritual con lo stile musicale dell’epoca: il risultato fu ritmo, armonia e nuovi abbellimenti melodici uniti a testi religiosi.
Con l’impegno ed il lavoro di Dorsey iniziò un vero e proprio decollo dei “canti del Vangelo” : la musica afro americana uscì dalle chiese dei Neri d’America e fu definitivamente proiettata in tutto il mondo, grazie alla sua intensità, alla sua profondità e alla sua stravolgente religiosità.
Una vera occasione storica si presentò nel 1969 quando un coro di 50 voci dirette da Edwin Hawkins interpretò in modo assolutamente originale un vecchio inno battista del 1700: Oh Happy Day.
Sostenuto da un vivace ritmo di batteria e da un animato accompagnamento pianistico, fu il primo  brano Gospel a vendere in breve tempo milioni di copie negli USA ed in tutto il mondo, diventando il simbolo stesso della musica Gospel e probabilmente l’unico pezzo Gospel universalmente conosciuto.
Quello che caratterizzò il brano fu il modo “profano” di interpretare un inno sacro utilizzando senza prevenzioni nuovi strumenti musicali: basso e batteria da allora diventarono i suoni popolari del momento ed ancora oggi identificano la musica Gospel contemporanea.
Da allora l’ascesa del Gospel è inarrestabile.
Oggi, per alcuni, la musica Gospel è la musica nera, per altri è semplicemente un termine che comprende vari tipi di musica: di qualunque genere sia, la musica Gospel è più di un dolce suono, è un genere che va visto e vissuto per far vibrare nell’aria un’emozione.


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