martedì 17 luglio 2012

L'incontro tra due generi musicali







John lord, parte come musicista in stile classico influenzato da musicisti come  Beethoven e bach,creando uno stile unico. E come se la poesia incontrasse una musica dallo stile ribelle. E curioso l'utilizzo dell'amplificatore Marshall da parte di Jon Lord, che amplificava il proprio organo Hammond attraverso l'amplificatore per "chitarra" Marshall, rendendo il sound dei Deep Purple unico al mondo. E come se la musica classica incontrasse il rock, creando un' esplosione di accordi ,per creare un suono unico nella sua autenticità.La musica rompe i suoi schemi con jon lord, uscendo dalla sua condotta, creando un armonia di jazz ,rock,e musica classica, lui da una voce alla musica, una voce del tutto unica nel proprio genere ,dal quale non si può concepire un idea ben precisa, come si potrebbe con altri generi musicali. La sua musica sconfina nel più assoluto sconvolgimento ,come una tempesta di generi musicali, comunicando per chi l’ascolta, un assoluto piacere dei sensi ,la sua musica e come se rappresentasse, il modo di vivere in una Città,dove ci sono molte etnie, e lui le racchiude in un modo da farle combaciare e confrontare, in una maniera unica. In questo momento, è come se  risuonasse il suo organo ruggente, come la scia di una cometa. John ha passato la sua intera esistenza a superare dei limiti che si credevano insormontabili, non si è spento un semplice tastierista, ma bensì un beethoven dei nostri giorni. avendo dentro di sè un impronta classica, lui ha creato uno stile, che racchiude diversi generi, formando qualcosa di indescrivibile. Un genere nuovo, che ha coinvolto milioni di persone, la musica viveva in lui in una maniera mistica e travolgente.





giovedì 12 luglio 2012

Un biglietto per un paradiso momentaneo


La ragione nascosta agli occhi della gente ,che non comprende il tuo essere profondamente, diverso in ogni fibra del tuo pensiero, capendo, agendo, secondo un principio base che è allo scopo della tua esistenza.
Essere una voce fuori dal gregge ,che grida il suo pensiero senza aver paura delle conseguenze. Perché chi non si aspetta nulla è davvero libero,libero di esprimersi al di là delle continue ed assurde idee, che limitano la libertà di confrontarsi. Un biglietto sempre a portata di mano, ma ben nascosto, perchè la partenza per gli altri non è vista di buon occhio, una scappatoia da qualcosa che ti deturpa in maniera eccessiva. Allora tu puoi andare con chi vuoi e dove vuoi ,lei saprà trasportarti dove vorrai andare,lontano dal fracasso deturpante  dei tuoi problemi ,in quel mondo che tu hai creato e che chiunque come te potrà entrarci. Un mondo fatto di musica e di poesia che grazie a quel biglietto è sempre lì pronto a farti sognare.Un biglietto per un mondo diverso dove tutti gli uomini sono uguali, a prescindere dal colore della pelle o dalla loro religione, dove le ingiustizie vengono punite.Un mondo d’amore ,un amore, dove non tutti comprendono la sua autenticità e preferiscono girare le spalle e andarsene via, perché quel biglietto lì porterebbe troppo lontani dalla loro ipocrisia,allora tu affronti la verità scalzo dalle tue idee vai avanti, per assorbire altre idee, sempre pronto a partire .Un paradiso momentaneo, troppo breve ma abbastanza lungo per pensare la vera ragione  della nostra esistenza,perché penso certe volte la solitudine insieme alla musica, riesca ha portarti in un esaltazione dei sensi,dove tu riesca  a sentirti parte del intero cosmo, non più un puntino nel mondo ,ma il mondo stesso. Questo io lo scoperto nella musica" raggae". Bob Marley  denunciava , i continui soprusi degli americani, riguardante le discriminazioni razziali, che ci portano ad oggi, anche con alpha blondy che denuncia le guerre nella Liberia. La musica riesce a risvegliare l’animo umano, ed a capire che anche se noi vogliamo far finta di nulla, questi problemi esistono, e noi non possiamo più farci da parte e quindi dobbiamo reagire. Una nuova forza di comunicazione, come quando c’era la schiavitù, le persone di colore cantavano,perché attraverso la musica erano liberi  di essere unici, anche se considerati come delle bestie, da un gruppo di stolti  uomini, e da quella oppressione nasce il jazz ,il gospel ed altri genere musicali, che rendono la nostra vita migliore.Perché quando non sai dove andare, c’è un mondo dove per entrare non hai bisogno di un bel vestito ,dove sei tu essere unico come altri, che vivono senza aver paura di nulla, essere liberi ed incontrastati esseri umani, che esistono seguendo una stella troppo alta, agli occhi offuscati di chi non vede quella luce che simboleggia la verità.



martedì 10 luglio 2012

GOSPEL & SPIRITUALS






GOSPEL & SPIRITUALS
La musica nera
La musica nera è definita come una musica di unità, ovvero una musica che unisce la gioia e la tristezza, l’amore e l’odio, la fede e la disperazione degli Schiavi Negri d’America che nella loro difficile condizione sociale trovarono nella musica religiosa la sola forza per sopravvivere.
La storia racconta che la schiavitù iniziò nel 1619 quando i primi Negri delle coste Africane furono strappati con violenza dalla loro terra d’origine, incatenati su centinaia di navi e trasportati aldilà dell’ Atlantico, negli Stati Uniti d’America, per essere venduti come ‘bestie da lavoro’.
Gli schiavi sopravissuti alla tratta e comprati dai padroni bianchi, venivano deportati nelle grandi piantagioni di cotone e costretti a vivere e lavorare in condizioni disumane: a loro non restava altro che adattarsi e rassegnarsi ad un nuovo mondo, fatto di regole tanto spietate quanto incomprensibili.
Furono privati di dignità, umiliati, linciati ed emarginati, ma soprattutto furono costretti a rinunciare ad un bene d’immenso valore: la libertà.
Di fronte a questa situazione, fu per loro inevitabile sviluppare una forma interiore di resistenza, richiamando le sole risorse culturali che avevano potuto portare con sé. Tra queste risorse quella che più si dimostrò capace di accompagnare lo schiavo nella sua monotona e dura resistenza fu la musica.
La musica rappresentò per gli schiavi Negri d’America il solo conforto ed il solido sostegno ai tormenti fisici e morali subiti.


La musica e la danza si praticavano in Africa quasi senza interruzione; erano l’espressione della religiosità africana. Ogni evento della comunità era scandito dalla danza rituale e dal suono degli strumenti a percussione, a corda e a fiato; i ritmi e le melodie rappresentavano un vero e proprio linguaggio sociale per veicolare informazioni importanti e per esprimere pensieri ed emozioni.
Inevitabilmente la tradizione musicale africana fu una delle realtà che gli schiavi neri portarono nelle Americhe diventando uno dei pochi elementi di certezza per tutti quegli uomini e donne che, sottratti improvvisamente al proprio ambiente, si ritrovarono proiettati in una realtà drammaticamente diversa.
Il poter ballare, suonare e cantare mantenendo il ricordo della terra d’origine, era essenziale per gli schiavi Negri d’America perchè solo così potevano esternare e condividere i propri sentimenti di dolore, rabbia, rassegnazione, ma anche di speranza.
In origine la musica accompagnava e sosteneva la gente nera solo nelle segrete riunioni rurali, ma appena fu permesso, anche durante il faticoso lavoro nei campi di cotone.
Nelle piantagioni il canto intonato spontaneamente da una sola persona, lentamente coinvolgeva tutti i braccianti e le voci erano accompagnate dal battere delle mani, dal battere del piede per terra e dal suono di qualsiasi oggetto improvvisato strumento fra cui oggetti di cucina, tinozze, manici di scopa. Questi canti, chiamati canzoni del grano, descrivevano la vita giornaliera degli schiavi, con le loro fatiche e il loro desiderio di libertà; ma rappresentavano anche, come nella terra d’origine, un importante ed essenziale mezzo di comunicazione.
La schiavitù durò oltre due secoli e mezzo: lungo tutto questo periodo i Negri delle piantagioni furono sempre a contatto con la gente bianca e pertanto obbligati a familiarizzare con gli usi e i costumi tipici dei loro padroni. In particolare, amanti della musica, fu per loro naturale apprendere i motivi tipici della musica popolare celtica, irlandese, anglosassone, ossia dei colonizzatori europei.
In questo contesto si verificò un incontro di fondamentale importanza: un incontro fra il mondo musicale Africano e quello Europeo che portò allo sviluppo di una nuova tradizione culturale e musicale.
Dalle semplici canzoni del grano degli Schiavi Negri d’America, nasce una nuova musica, definita musica afro-americana, alla base della musica Jazz, Blues, Negro-Spiritual e Gospel.
La nascita della musica Spiritual & Gospel
Gli Schiavi Negri d’America, nonostante il forte legame con la musicalità e la tipicità della religione africana, furono costretti dai padroni bianchi a frequentare le Chiese Americane. I padroni volevano sfruttare questo momento per insegnare la resistenza alle sofferenze e l’importanza di obbedire agli ordini, ma in realtà la Religione e la Teologia Cristiana diventarono per i Negri d’America un vero e proprio strumento di liberazione.Attraverso la Chiesa, infatti, gli schiavi ottennero la possibilità di incontrarsi al di fuori della loro condizione sociale e di conoscere importanti avvenimenti che toccarono e condizionarono profondamente il loro animi. I Negri furono coinvolti dalle sofferenze e dalle persecuzioni che il popolo ebraico dovette sopportare da parte dei faraoni; individuarono un’assoluta corrispondenza di tormenti, attese e certezze tra l’Ebreo in cerca della Terra Promessa, ed il Negro in cerca della pace.

Di fronte alla liberazione del popolo d’Israele dalla mano degli egiziani grazie ad un Dio che infondeva fede, gioia e speranza, gli schiavi capirono che anche loro, attraverso quello stesso Dio, avrebbero potuto raggiungere la tanto attesa libertà. Iniziarono così ad avvicinarsi alla religione Cristiana e ben presto si convertirono completamente al Cristianesimo: sostituirono i loro dei con il Dio cristiano ed i loro eroi con i grandi personaggi Biblici del popolo d’Israele.
La loro disperazione si trasformò in una forza interiore nuova.
La presa di contatto con i valori e la cultura del Cristianesimo si riscontrò anche nella tradizione musicale: i riti africani dei Negri uniti ai temi della religione dei Bianchi portarono alla nascita di una nuova musica, che fu definita “Negro Spiritual”, dove il termine Spiritual equivaleva ad “interiore”, ovvero era l’espressione di un’anima, il canto di un popolo, il popolo afro americano.
Le melodie, accompagnate dalle danze e dal battere delle mani e dei piedi, dall’uso di tamburelli, percussioni o da strumenti improvvisati come nelle prime e ormai vecchie canzoni del grano, diventarono l’espressione della fede di un popolo, un popolo che ritrovò nell’avvenimento cristiano la fonte della libertà per l’uomo. Non più solo angoscia e sgomento per le condizioni fisiche e morali, ma fede e speranza che le fatiche ed il dolore possano alla fine cessare.
La musica Negro Spiritual non fu altro che un nuovo canto religioso, una rielaborazione degli inni europei arricchiti dai colori e dai ritmi africani.
Quando nel 1865 la schiavitù fu abolita e ai Neri fu permesso di frequentare le scuole, studenti ed educatori portano la musica nata all’interno delle Chiese di campagna e nei campi di lavoro, anche al di fuori delle riunioni rurali. I bianchi accolsero questa nuova forma musicale con curiosità, simpatia e talvolta ammirazione: alcune Chiese cittadine diventarono addirittura eredi e simbolo delle grida e degli applausi delle canzoni e dei balli ritmici della musica africana.
La musica Negro Spiritual diventò sempre più importante e conosciuta: dall’essere una musica rurale accompagnata principalmente dal battere delle mani, diventò una musica urbana arricchita da nuovi strumenti musicali: percussioni e fiati presto presero il sopravvento sulle voci portando ancora una volta alla nascita di nuovi generi musicali.
Le nuove melodie ispirate alla Bibbia e al Vangelo come negli Spiritual, ma arricchite da musiche e sonorità decisamente originali, furono definite canzoni Gospel, ossia canzoni del Vangelo (Gospel significa infatti Vangelo).
Il genere Gospel pertanto non fu altro che un’evoluzione dello Spiritual, l’espressione di un genere di musica religiosa, i cui testi di carattere soggettivo ed esortativo, erano generalmente interpretati da un solista e centrati su un unico tema, come la conversione, la salvezza e la ricerca della spiritualità.
In particolare la nascita e la diffusione di questi singolari brani è da attribuire all’iniziativa di Thomas Dorsey, blues man di Chicago, di rivedere alle fine degli anni ’20 la forma tradizionale dello Spiritual.
Dorsey unì le grida di lode, gioia e fervore emotivo degli Spiritual con lo stile musicale dell’epoca: il risultato fu ritmo, armonia e nuovi abbellimenti melodici uniti a testi religiosi.
Con l’impegno ed il lavoro di Dorsey iniziò un vero e proprio decollo dei “canti del Vangelo” : la musica afro americana uscì dalle chiese dei Neri d’America e fu definitivamente proiettata in tutto il mondo, grazie alla sua intensità, alla sua profondità e alla sua stravolgente religiosità.
Una vera occasione storica si presentò nel 1969 quando un coro di 50 voci dirette da Edwin Hawkins interpretò in modo assolutamente originale un vecchio inno battista del 1700: Oh Happy Day.
Sostenuto da un vivace ritmo di batteria e da un animato accompagnamento pianistico, fu il primo  brano Gospel a vendere in breve tempo milioni di copie negli USA ed in tutto il mondo, diventando il simbolo stesso della musica Gospel e probabilmente l’unico pezzo Gospel universalmente conosciuto.
Quello che caratterizzò il brano fu il modo “profano” di interpretare un inno sacro utilizzando senza prevenzioni nuovi strumenti musicali: basso e batteria da allora diventarono i suoni popolari del momento ed ancora oggi identificano la musica Gospel contemporanea.
Da allora l’ascesa del Gospel è inarrestabile.
Oggi, per alcuni, la musica Gospel è la musica nera, per altri è semplicemente un termine che comprende vari tipi di musica: di qualunque genere sia, la musica Gospel è più di un dolce suono, è un genere che va visto e vissuto per far vibrare nell’aria un’emozione.


lunedì 9 luglio 2012

Il raggae racconta le guerre

La musica reggae ha sempre avuto una forte vocazione sociale. Sia prima che dopo Bob Marley, le voci del reggae hanno denunciato e raccontato le tensioni, le ingiustizie e le guerre e non solo in Giamaica. In Costa d’Avorio, per esempio, il reggae ha una radicata tradizione.
La Costa d’Avorio, ex colonia francese, ha ottenuto l’indipendenza nel 1960. Tra il 2002 e il 2004 una sanguinosa guerra civile ha sconvolto il Paese. Il 31 ottobre 2010, dopo anni di rinvii, si sono svolte le elezioni presidenziali che hanno visto Alassane Dramane Ouattara contrapporsi di Gbagbo. Ed è stato proprio l’esito di queste elezioni, sfavorevole a Gbagbo, a riaccendere un clima di tensione. Nel periodo più caldo, tra il novembre del 2010 e l’aprile del 2011, il conflitto ha provocato oltre tremila morti e un milione di sfollati.
Scenari difficili, duri, raccontati nel tempo attraverso le voci di artisti che hanno la capacità di muovere le coscienze e di fomentare passioni e differenze che, in un paese in cui coesistono decine di etnie e varie fedi religiose, rappresentano un costante rischio.
Il più popolare è sicuramente Alpha Blondy, veterano del reggae made in Costa D’Avorio, attivo dai primi anni ottanta. Utilizzando sia la lingua francese che quella inglese, Alpha Blondy ha in certi casi anticipato i venti di guerra. Nel 1999, con il brano La Guerre civile, preannunciava un conflitto armato, inevitabile nel caso in cui il nuovo presidente avesse ignorato le richieste di cambiamento del popolo. Alpha Blondy è stato un acceso sostenitore di Gbagbo (come anche Beta Simon e Serge Kassy, altri due artisti reggae), ed ha accusato Outtara di essere responsabile del colpo di stato del 1999 (si pensa che le canzoni di un altro cantante reggae, Fadal Dey, abbiano molto influito sulla decisione di rovesciare Konan Bédié).
Ultimamente l’artista è stato fortemente criticato, dato che con la musica ha sempre denunciato e combattuto il neocolonialismo e l’influenza francese, ma poi nei fatti non si è dimostrato coerente (un episodio su tutti è la sua partecipazione, l’11 maggio 2011, al trentennale dell’elezione di François Mittérand, in Piazza della Bastiglia a Parigi).
Opinione differente ha invece Tiken Jah Fakoly, sostenitore prima di Guillaume Soro e dopo di Outtara alle ultime presidenziali. Tiken Jah, minacciato di morte e per questo costretto all’esilio nel 2003, viene accusato di essere un supporto fondamentale dei ribelli e di aver addirittura finanziato la guerra civile con i suoi concerti. L’artista ha chiesto esplicitamente a Gbagbo di farsi da parte con il brano del 2005 intitolato Quitte le pouvoir. Il messaggio è chiaro: “nessun cambiamento nei vostri comportamenti, malgrado i diversi governi da quarant’anni a questa parte. Potrai passare dei brutti momenti se ci terrai ancora qua a marcire”. Per il suo appoggio a Outtara, non sono mancate anche nei suoi confronti critiche aspre, dato che proprio lui è autore di un altro eloquente brano dal titolo “Francafrique” nel quale canta: “La politica francese in Africa è scherzare e uccidere, la politica americana in Africa è scherzare e uccidere. Ci vendono le armi e mentre noi ci combattiamo ci rubano la nostra ricchezza …. causano la dittatura per affamarci”.
Qualche anno fa è stata molto dura la contrapposizione tra Tiken Jah Fakoly e Serge Kassy, altro esponente del reggae ivoriano. Quest’ultimo accusava Tiken Jah di speculare sulla condizione difficile degli ivoriani per incrementare la propria carriera artistica. Kassy era sostenitore di Gbagbo.
Ma anche tra Alpha Blondy e Tiken Jah Fakoly non c’è mai stata una grande simpatia. Tuttavia, dopo anni di rivalità e recriminazioni attraverso interviste e canzoni, i due musicisti si sono stretti la mano il 28 giugno scorso a Parigi, rendendo visita al nuovo presidente in carica.
Il neo-presidente Outtara e Tiken Jah hanno promosso l’organizzazione di una carovana della pace e della riconciliazione con tutti i musicisti ivoriani, che si svolgerà a cominciare dai luoghi che più di altri sono stati teatro di distruzione e morte durante la guerra civile. Protagonisti di questa iniziativa saranno appunto Apha Blondy, Tiken Jah Fakoly, Serge Kassy, Magic System, Meiway, Aicha Koné e Monique Seka.
L’11 dicembre si terranno in Costa D’avorio le elezioni politiche, e si spera che questo rappresenti l’inizio di un nuovo clima caratterizzato dal dialogo e dalla riconciliazione, anche tra gli artisti reggae che, spesso e volentieri, riescono ad avere un potenziale comunicativo superiore a quello dei politici!

Eminem



Eminem
Eminem, nome d'arte di Marshall Bruce Mathers III, detto anche Slim Shady (St. Joseph, 17 ottobre 1972), è un rapper, attore e produttore discografico statunitense.
Con più di 120 milioni di dischi venduti, di cui 45 milioni nei soli Stati Uniti d'America,[2] è l'artista di maggiore successo nella scena rap e hip hop oltre che in tutta la musica degli anni 2000, tanto che nel 2009 ha avuto la nomina di "Artist of the decade" dalla rivista Billboard[3] cioè l'artista che ha venduto di più dal 2000 al 2010 con 32,2 milioni di dischi nei soli USA.


Il premio Nobel Séamus Heaney ha lodato Eminem per l'"energia retorica" e per l'interesse suscitato dai testi delle sue canzoni,[4] mentre Elton John lo ha paragonato, per i successi conseguiti, ad altri musicisti celebri quali Mick Jagger e Jimi Hendrix.[5] Nel 2004 la rivista Rolling Stone ha piazzato Eminem[6] al numero 82 nella sua lista dei 100 migliori artisti di tutti i tempi[7] e secondo il sito About.com è al 13º posto tra i migliori MC's di sempre.[8]
Cresciuto a Detroit, è stato scoperto nel 1997 dal noto gangsta rapper e produttore Dr. Dre. A lanciarlo è stato il singolo My Name Is, pubblicato due anni dopo. A sua volta si è anche affermato come produttore di album hip hop producendo con la sua etichetta discografica Shady Records, fondata con il suo manager Paul Rosenberg. Ha prodotto i lavori di colleghi come Obie Trice, Stat Quo, Bobby Creekwater, 50 Cent e Yelawolf.
Il rapper ha iniziato anche una carriera come attore nel 2002 recitando in 8 mile, diretto da Curtis Hanson. Il film ebbe un grandissimo successo e permise ad Eminem di debuttare ufficialmente a Hollywood. Inoltre con 8 mile il rapper vinse un Premio Oscar per la miglior canzone originale Lose Yourself, prima canzone rap della storia a vincere questo riconoscimento. Ha fatto, inoltre, dei camei nei film The Wash del 2001, con protagonisti i rapper Dr. Dre e Snoop Dogg, e Funny People del 2009 con Adam Sandler.
Eminem è noto anche per la sua militanza nel gruppo rap D12, con cui ha pubblicato 2 album.
Eminem conta più di 59 milioni di persone iscritte alla sua pagina su Facebook,[9] inferiore solo alla pagina ufficiale della stessa piattaforma, del Poker Texas Hold'em e di YouTube.
Il suo ultimo album, Recovery, è stato premiato come miglior album rap ed è stato anche il più venduto del 2010. Inoltre ha stabilito un altro record in quanto unico artista ad avere 2 album diversi che sono stati i più venduti nel loro rispettivo anno d'uscita, rispettivamente con Recovery (2010) e The Eminem Show (2002).[10]
Gli inizi

Il marchio di Eminem Marshall Mathers è di origini inglesi, bulgare e tedesche[11][12]. I suoi genitori, Marshall Bruce Mathers II e Debbie Mae Nelson, erano due musicisti rock piuttosto poveri e per questo costretti a trasferirsi da una parte all'altra degli Stati Uniti, in condomini e roulotte. Quando Marshall aveva appena 6 mesi, il padre abbandonò lui e la madre. A 12 anni, insieme alla madre, si stabilì definitivamente a Detroit. Veniva spesso malmenato dai compagni di scuola, ed uno in particolare, un certo DeAngelo Bailey, lo mandò in coma per 10 giorni. Quest'ultimo nel 2001 lo accusò di aver invaso la sua privacy e di averlo messo in cattiva luce.  Tuttavia però, nell'ottobre del 2003 le accuse furono dimesse in tribunale.[13] Appassionato di musica rap, iniziò a dedicarvisi a soli 13 anni. Alla Lincoln High School, a Warren, conobbe il rapper Proof Garch Youssef e la futura moglie Kimberly Anne Scott. A 17 anni abbandonò il liceo, dopo esser stato bocciato tre volte per assenze ingiustificate, e iniziò una relazione di lunga durata con Kim. Il giovane rapper iniziò la sua carriera musicale ancora prima che Kim rimanesse incinta, anche se per sostenere la famiglia fu costretto a fare altri lavori; in particolare, lavorò a lungo come cuoco e lavapiatti per il locale "Gilbert's Lodge", a St. Clair Shores, Michigan. In quel periodo sua madre assumeva farmaci come Vicodin e Valium; suo figlio l'ha rimproverata a più riprese di farmacodipendenza[14], ma la madre ha più volte cercato di smentire, arrivando anche a denunciare il figlio per diffamazione[15]. Infinite, The Slim Shady EP, la firma per la Interscope Records [modifica]
Il logo completo del rapper. All'inizio degli anni novanta Mathers adottò il nome d'arte "M&M" (dalle sue iniziali con il nome di battesimo: Marshall Mathers), ed insieme a Proof fondò i Soul Intent. Nel 1995 il gruppo pubblicò il singolo Fuckin' Backstabber. Nel 1996 pubblicò da solista Infinite, per la prima volta con lo pseudonimo "Eminem", pronuncia del suo precedente nome d'arte, M&M. L'album circolò in sole 500 copie, e i suoi brani non ebbero seguito sulle radio né ebbero critiche entusiaste: molti insinuarono che il rapper traesse troppa ispirazione dai colleghi Nas ed AZ. Dopo il flop dell'album la fidanzata lo lasciò, e gli impedì di vedere la loro figlia Hailie Jade Scott (nata il 25 dicembre 1995). Come reazione a tutti questi avvenimenti negativi, Mathers tentò il suicidio con un'overdose di Tylenol. Superata la crisi, rispolverò i suoi lavori per rilanciare la propria carriera musicale e per riconciliarsi con l'ex fidanzata[16]. Nello stesso anno un assistente sociale chiese di avviare indagini contro la madre di Eminem, accusandola di maltrattare anche l'altro figlio Nathan, nato nel 1986. Al 1997 risale The Slim Shady EP, con testi più cupi ed introspettivi (come Murder Murder, in cui dichiarava di essere disposto a commettere crimini pur di allevare la figlia, e No One's Iller). Nell'ambiente underground si distinse per il suo stile umoristico, ma anche per essere, insieme ai Beastie Boys, uno dei pochi artisti bianchi nel suo genere. Dr. Dre trovò il demo di Eminem nel garage di Jimmy Iovine, presidente della Interscope Records. In seguito decise di far assumere Mathers dall'etichetta e dalla sussidiaria Aftermath Entertainment, nonostante Mathers fosse stato sconfitto da Otherwize al battling delle Rap Olympics di Los Angeles, arrivando al secondo posto.

Problemi legali [modifica]
Il 4 giugno 2000 rimase coinvolto in un diverbio a Royal Oak, Michigan con il manager dei suoi rivali Insane Clown Posse Douglas Dail[26]. Su The Marshall Mathers LP, nella traccia Marshall Mathers, Eminem chiama Shaggy 2 Dope e Violent J degli Insane "Finocchio drogato" e "Gay non dichiarato", ed esclama che sono "due gay rompiscatole"[27], inoltre in questo album è rappresentato uno schizzo di "Ken Kaniff", un personaggio gay inventato da Eminem, che pratica sesso orale con i due membri degli ICP. Durante il litigio, Mathers fu notato con in mano una pistola, che mantenne puntata a terra. Il giorno dopo il rapper scoprì sua moglie Kim mentre baciava un tale di nome John Guerrera, fuori dall'Hot Rocks Café, e Mathers lo minacciò con una 9 mm scarica e la usò per trattenerlo. Consegnato alla polizia dopo l'incidente dell'Hot Rocks Cafè, fu accusato di aver minacciato Guerrera usando un'arma da fuoco in pubblico, di averlo assalito con un'arma pericolosa e di averne nascosto il possesso, in due processi separati.
Con un patteggiamento per il caso con gli Insane Clown Posse, conclusosi il 10 aprile 2001, si dichiarò colpevole di possesso d'arma da fuoco. In cambio del ritiro delle accuse, gli furono comminati due anni di libertà vigilata, gli fu anche imposto di pagare 100.000 dollari di danni, secondo la valutazione del tribunale nel 2002[28]. Nel caso di Guerrera, dichiarò "di non voler discutere" circa le accuse di uso e possesso di arma da fuoco, subendo una condanna a un anno di libertà vigilata, in concordanza con la sentenza per il primo caso. Avrebbe poi raccontato la vicenda nelle canzoni Say Goodbye Hollywood, Soldier (The Eminem Show, 2002), The Kiss, Sing For The Moment ("You're full of shit too, Guerrera, that was a fist that hit you!" ovvero "Anche tu dici un sacco di stronzate, Guerrera, era un pugno quello che ti ha colpito!")
Nel settembre del 2000 sua madre Debbie Mathers lo accusò di aver mentito in My Name Is (nello spezzone "ho appena scoperto che mia madre si fa più di me") e anche in alcune interviste. La madre di Eminem negava ciò che il figlio sosteneva[29], e chiese 10 milioni di dollari di danni per diffamazione. Eminem e sua madre giunsero nel 2001 ad un accordo, per un risarcimento di 25.000 dollari, di cui oltre 23.000 all'avvocato Fred Gibson, detto questo Eminem avrebbe avuto accuse offensive per la sua religione, dato che è ebreo e una sua canzone parla proprio di questo)[28].

George Brassens maestro di vita per de andrè

Georges Brassens
L'infanzia e la giovinezza
Georges Brassens nacque a Sète, piccolo porto mediterraneo nella regione della Linguadoca-Rossiglione, il 22 ottobre 1921; crebbe in un ambiente familiare umile ma sereno: il padre, Jean-Louis Brassens, era un muratore francese; la madre, Elvira Dagrosa, era una casalinga italiana originaria di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza, vedova di guerra e già madre di una bambina. I suoi nonni materni si chiamavano Michele Dagrosa e Maria Dolce.[1]
Il piccolo Brassens respirò musica sin dall'infanzia: la madre amava in ugual modo la musica lirica e la canzone popolare, soprattutto le melodie accompagnate con il mandolino. Fu proprio su questo strumento che il piccolo Georges apprese le basi che gli permisero, in seguito, l'apprendimento della chitarra; possedeva un buon orecchio musicale e si dimostrò sempre più interessato alla musica che alla scuola e agli studi; a quattordici anni cominciò a scrivere le sue prime canzoni.
Al liceo, Georges Brassens fece un incontro che si rivelò determinante per il suo avvenire: il suo professore di lettere, Alphonse Bonnafé, una personalità fortemente anticonformista, riuscì a catturare il suo interesse e, grazie a lui, il giovane Brassens conobbe la poesia francese; cominciò ad impegnarsi seriamente nella scrittura di poesie e testi di canzoni. In terza liceo, disgraziatamente, venne sospeso dalla scuola: in seguito ad alcuni piccoli furti compiuti dagli alunni della scuola nelle case degli allievi più benestanti, un compagno fece il suo nome (la canzone Les quatre bacheliers allude appunto a questo episodio); il padre lo prese allora a lavorare con sé, nell'impresa edile di famiglia. La passione per la musica, però, non si interruppe, al contrario; Georges si appassionò particolarmente ad un grande interprete del momento, Charles Trenet, del quale cercava di imitare lo stile.
La carriera
1964


Brassens cominciò ad esibirsi in numerosi locali parigini e a raccogliere un certo successo presso il pubblico e i critici, malgrado alcuni suoi testi suscitino scalpore e scandalo. La consacrazione arrivò quando Patachou presentò a Brassens Jacques Canetti, direttore artistico della casa discografica Polydor e proprietario del cabaret Les Trois Baudets; grazie all'impegno di Canetti, Brassens poté, dopo una tournée estiva, registrare il suo primo album, La mauvaise réputation, che ottenne un grande successo.
Nel 1953, il 16 ottobre Brassens debuttò al prestigioso music-hall parigino dell'Olympia; proponeva, oltre ai suoi testi, brani ripresi da poeti celebri come François Villon (Ballade des dames du temps jadis), Victor Hugo (Gastibelza), Paul Fort (Le petit cheval); il 1953 fu anche l'anno di pubblicazione del romanzo La tour des miracles. Nel 1954, oltre a ricevere il Gran Premio del Disco dell'Accademia Charles Cros, pubblica il suo secondo album, Les amoureux des bancs publics, a cui fece seguito, l'anno seguente, Chanson pour l'Auvergnat.
Negli anni successivi, spinto da Jacques Canetti, fu più volte in tournée in Europa e in Africa del Nord; si dedicò a recitals e, anche se per una volta soltanto, al cinema: nel 1956, interpretò un ruolo quasi autobiografico nel film Porte des Lilas di René Clair. Con i primi guadagni ottenuti, Brassens comprò la casa dell'Impasse Florimont, dove viveva con Jeanne e Marcel. Nel 1957, assieme a Pierre Onteniente, Brassens creò le Editions Musicales 57 e pubblicò Je me suis fait tout petit, mentre continuava a dividersi tra l'Olympia, l'Alhambra e Bobino.


Sin dalla fine della guerra, Brassens aveva sofferto di coliche nefritiche e di calcoli renali che gli impedirono, talvolta, di portare a termine i suoi spettacoli; pur rallentato dalle sue condizioni di salute, Brassens non mancò mai all'appuntamento e continuò a pubblicare dischi a cadenza regolare: del 1958 è Le Pornographe, mentre Le Mécréant e Les trompettes de la renommée uscirono rispettivamente nel 1960 e nel 1961. Nel 1964, Brassens fece nuovamente capolino al cinema: la sua canzone Les copains d'abord (pubblicata lo stesso anno nell'album omonimo) rientra nella colonna sonora del film Les Copains di Yves Robert.
Nel 1966, oltre a lasciare definitivamente l'abitazione condivisa con Jeanne e Marcel per stabilirsi poco lontano, nel XV arrondissement, Brassens pubblicò l'album Supplique pour être enterré à la plage de Sète; la canzone che dà il titolo al disco diverrà il suo testamento messo in musica. Nel 1967 ricevette il Premio di poesia dell'Académie française. L'anno seguente, all'epoca degli avvenimenti politico-sociali del '68, Brassens si trovava in un letto d'ospedale, dopo un'operazione di asportazione di calcoli; ciononostante, appoggiò, anche se non direttamente, la causa dei rivoluzionari. Poco prima della sua morte, qualcuno gli chiese che cosa facesse durante le giornate del maggio '68, perché non si fosse schierato pubblicamente; la sua risposta ('Soffrivo di coliche nefritiche') venne interpretata come un'irriverenza tra le tante, ma rispecchiava la realtà; Brassens, senza che nessuno lo sapesse, affrontava la sua malattia in silenzio.
Nello stesso anno, il 24 ottobre, Jeanne morì, all'età di settantasette anni. Nel gennaio del 1969, su iniziativa della rivista Rock et Folk e della radio RTL, Brassens partecipò ad un'intervista che divenne un evento storico, in compagnia di Léo Ferré e Jacques Brel, altri due pilastri della canzone d'autore francese; nello stesso anno, oltre a continuare le esibizioni a Bobino, Brassens pubblicò La Religieuse, il suo decimo disco. Negli ultimi anni, i problemi di salute l'avevano fatto invecchiare prematuramente: dopo aver acquistato una casa a Lézardrieux, in Bretagna (regione che amava al punto da studiare la lingua bretone), nel 1973 disse addio alle scene, con un'ultima tournée in Francia e in Belgio e pubblicando il suo penultimo disco, Fernande.
Due anni dopo, nel 1975, Brassens ricevette il Gran premio della città di Parigi; nel 1977, in seguito all'uscita del suo ultimo lavoro, Don Juan, salì un'ultima volta sul palco di Bobino; fu il suo ultimo concerto. Nel 1979 Brassens accettò la proposta del musicista Moustache, suo vecchio amico, di partecipare alla registrazione di un album in cui i suoi titoli più celebri venivano ripresi in versione jazz. Alla fine dell'anno ricevette il Gran Premio del disco dalle mani del sindaco di Parigi, Jacques Chirac.

domenica 8 luglio 2012

L'atto di svanire

Gli Evanescence sono un gruppo musicale metal statunitense, formatosi a Little Rock nel 1995. La band prende il nome dalla parola "evanescenza", ossia lo stato o l'atto di svanire.
La loro musica è caratterizzata da una fusione di elementi alternative metal, gothic metal (soprattutto agli esordi) e nu metal con influenze symphonic.
La band fu fondata dalla vocalist Amy Lee e dal chitarrista Ben Moody. Solo nel 1999 si unì alla formazione il tastierista David Hodges, che tuttavia viene compreso tra i fondatori degli Evanescence.
Secondo alcune fonti, i primi due si sarebbero incontrati in un campo giovani in Arkansas, dove Moody ascoltò la Lee suonare al piano e cantare I'd Do Anything For Love (But I Won't Do That) di Meat Loaf, anche se Amy Lee ha smentito questa voce in un'intervista rilasciata a Rolling Stone: « Basta con quella diceria, non ho mai suonato pezzi di Meat Loaf e non credo lo farò mai. Non sarei qui se le canzoni non sapessi scriverle da sola »[2]. Avendo poi scoperto di condividere una passione per Jimi Hendrix e Björk, Lee e Moody iniziarono a scrivere canzoni insieme.
Per diverso tempo non trovarono altri musicisti con cui suonare e, non avendo i fondi necessari per pagare un'assistenza professionale, non poterono esibirsi dal vivo. Ma ben presto una delle loro canzoni, Understanding (dal loro Evanescence EP), incominciò ad essere trasmessa alla radio e trovò posto nelle classifiche locali, facendo lievitare le richieste di esibizioni dal vivo. Quando finalmente la band riuscì ad esibirsi, diventò una delle più popolari della zona.
I primi rilasci della band furono due EP: Evanescence nel 1998 e Sound Asleep nel 1999 (quest'ultimo è conosciuto anche con il nome di Whisper), entrambi diffusi con l'aiuto dei discografici della BigWig Enterprises. Nel 2000 invece, la band pubblicò il suo primo album in studio, Origin, promosso sempre dalla BigWig Enterprise in un'edizione limitata di 2500 copie. È comunque Fallen il primo album degli Evanescence, in quanto i lavori appena menzionati hanno avuto un rilascio limitato (non a caso sono attualmente molto ricercati dai collezionisti).
Amy Lee stessa non li considera dei veri album, quanto invece dei semplici demo (alcuni dei quali, afferma, non hanno nemmeno un'esecuzione perfetta) che furono inviate a case discografiche. In risposta, durante un'intervista, Lee e Moody hanno incoraggiato i fan a scaricare le canzoni più vecchie della band tramite Internet[3].
La stessa Lee ha espresso più volte il desiderio di pubblicare un cofanetto contenente i vecchi rilasci e « canzoni – dichiara – di cui nemmeno voi fan più accaniti siete a conoscenza »[4], ma non esistono conferme ufficiali.
Il dibattito sul loro genere
Parte dei fan e della critica sostiene che le canzoni della band possano essere inquadrate nel genere gothic rock, ed in parte è vero (specialmente se si fa riferimento alle primissime pubblicazioni): molte di queste canzoni si concentrano sui momenti negativi della vita e su temi oscuri, come l'amore perduto, la solitudine e la morte. Il pianoforte gioca un ruolo importante nella maggior parte dei loro pezzi.
Alcuni critici hanno accusato gli Evanescence di non essere dei musicisti gothic metal ma piuttosto una band che suona pop. Amy Lee comunque non dà molta importanza a quelle che ritiene etichette, e rifiuta di categorizzare e mettere dentro uno schema definito la musica della band, sostenendo che gli Evanescence abbiano un suono unico.
Da alcune riviste di settore sono a volte paragonati ad alcune band nu metal, ma tuttavia questa comparazione è piuttosto riduttiva, in quanto si basa solamente sui singoli Bring Me to Life e Going Under. Gli Evanescence sono stati paragonati anche a gruppi come i Lacuna Coil, i Nightwish e i Within Temptation, che hanno cantanti donne e sono anch'essi generalmente annoverati nel genere gothic, metal o rock che sia.
D'altra parte, c'è da riconoscere che gli Evanescence hanno sempre spaziato su vari generi come il rock, il gothic metal e il symphonic metal pur con una innegabile venatura pop alla base di alcune loro canzoni.

Gothic metal
Il gothic metal o goth metal è un genere di musica che combina l'aggressività dell'heavy metal con le sonorità oscure e malinconiche del gothic rock. Il genere è caratterizzato da eteree voci femminili soprano spesso alternate a voci maschili, generalmente più aggressive.[1] I testi sono generalmente poetici e malinconici,[1] spesso influenzati dalla letteratura gotica o da esperienze e storie personali.


Ci sono differenti correnti di pensiero riguardo l'origine del genere e le sue influenze. Secondo alcune enciclopedie musicali, nonostante le prime volte il termine "gothic" fu utilizzato per indicare canzoni di band caratterizzate da suoni in tonalità minore e vagamente medioevali, in realtà l'attuale gothic metal ha come fondamento non i riff di chitarra, ma principalmente l'abbondante uso di tastiere capace di creare atmosfere eteree, oltre alla base "spettrale" della musica. Caratteristica che fu influenzata inizialmente dalla scena death rock intorno Los Angeles.[2] Secondo altri critici musicali invece il genere è stato influenzato principalmente dal riffing della corrente doom-death metal e black metal con band come Paradise Lost e Tiamat. Un altro genere che in qualche modo ha influenzato un certo tipo di gothic metal è quello proposto dai Type O Negative che nel loro esordio discografico proposero mix tra il doom metal di scuola sabbathiana, thrash metal e punk rock vecchia scuola.
I norvegesi Theatre of Tragedy sono stati tra i primi a mantenere una voce femminile eterea in maniera costante contrapposta a quella maschile. Un contrasto sonoro successivamente divenuto uno degli elementi fondamentali del genere.[1] Verso la metà degli anni novanta, Moonspell, Theatres des Vampires, Rotting Christ e Cradle of Filth furono le prime band a donare una connotazione "gotica" al black metal. Verso la seconda metà del decennio, iniziò ad emergere una tendenza sinfonica del gothic metal da parte di band come Tristania e Within Temptation.[1]
Nel ventunesimo secolo, il gothic metal ha visto una sempre più crescente popolarità in Europa, in particolare in Finlandia, dove gruppi come Sentenced, Entwine, HIM, Lullacry ecc. hanno realizzato canzoni e album che hanno riscosso un notevole successo.
La musica
La musica di questo genere è generalmente caratterizzata dalla presenza di atmosfere oscure, anglofonicamente dette "dark".[9] L'aggettivo "dark", "oscuro", è il più comunemente utilizzato per descrivere la musica gotica in un contesto più generale anche se, in realtà, per fare riferimento ad una musica del genere si può ricorrere ad altri aggettivi quali "profonda", "deprimente", "romantica", "passionale" o "intensa".[10] Il gothic metal è stato spesso descritto come "un connubio tra l'oscurità e la malinconia del gothic rock e l'heavy metal".[11] All Music Guide definisce il genere come un'unione tra "le atmosfere dure e agghiaccianti del gothic rock e le chitarre potenti e aggressive dell'heavy metal"; ulteriori note confermano che "il vero goth metal ha sempre una diretta influenza da parte del gothic rock - per cui la presenza di synth eterei e sonorità spaventose è fondamentale come i riff di chitarra, se non di più".[12]
Il gothic metal è un genere piuttosto variegato dal momento che vi sono numerose band che intraprendono differenti scelte stilistiche e approcci musicali, spaziando da sonorità più lente e decadenti ad altrettante più possenti ed orchestrali. La componente doom metal delle prime band gothic come Anathema,[13] Paradise Lost e My Dying Bride ha influito molto su band come Artrosis,[14] Ava Inferi[15] e Draconian.[16] L'approccio black metal dei Cradle of Filth, dei Theatres des Vampires e dei primi Moonspell ha lasciato una grande eredità a band come Graveworm,[17] Drastique e Samsas Traum[18] mentre la tendenza più symphonic metal di Tristania e Within Temptation si può riscontrare in band come i primi Epica, Sirenia e i primi lavori degli After Forever. Vi sono anche altre tendenze stilistiche che si avvicinano ad altri generi quali il death metal dei Trail of Tears, il folk metal dei Midnattsol, l'industrial Metal di Deathstars, Gothminister e Neon Synthesis, il progressive metal di Noturna e Adagio, e l'alternative metal di Katatonia e Lacuna Coil.


Zombie live in london






The Cranberries è un gruppo musicale rock irlandese che ha avuto grande successo negli anni novanta.  
Noel e Mike Hogan, due fratelli di Limerick, formarono la band con il batterista Fergal Patrick Lawler e il cantante Niall Quinn nel 1989. Il nome originale era The Cranberry Saw Us, un gioco di parole che fa il verso alla Cranberry Sauce. L'anno seguente Quinn lasciò il gruppo, segnalando un'amica della sua ragazza che avrebbe potuto sostituirlo. L'amica in questione era Dolores O'Riordan, che all'audizione impressionò favorevolmente i tre musicisti, e divenne quindi la nuova cantante. Il gruppo cambiò presto il suo nome nel più semplice The Cranberries.

Dopo qualche concerto in piccoli locali, registrarono una demo intitolata Nothing Left at All, che vendette bene localmente e permise loro di firmare con la major (Island Records). Il loro primo pezzo, Uncertain, contenuto nell'omonimo EP, fu un flop, così come passò inizialmente inosservato il primo album Everybody Else Is Doing It, So Why Can't We? con i singoli Dreams e Linger. Il grande successo del gruppo cominciò nel 1993 in seguito ad un tour negli USA come sostenitore dei Suede. Singoli ed album entrarono nelle top ten delle classifiche di vendita d'oltreoceano, e solo in seguito vennero rivalutati dal pubblico europeo.
Durante il tour nacquero i pezzi del successivo No Need to Argue, pubblicato nel 1994, a tutt'oggi il più grande successo di critica e di vendite della band (oltre 16 milioni di copie). L'album contiene Zombie, la canzone più famosa del gruppo, che tratta il tema del conflitto in Irlanda del Nord. Zombie è stata premiata agli MTV Europe Music Awards nel 1995 come migliore canzone dell'anno. Dopo un tour mondiale, che incluse una partecipazione ad MTV Unplugged, il gruppo ritornò immediatamente in studio per il successivo To the Faithful Departed. Lo stress dovuto alla pressione crescente da parte di discografici e fans si tradusse in un disco più cupo e tormentato dei precedenti, complice anche il cambio di produttore, da Stephen Street a Bruce Fairbairn. Le tensioni accumulate esplosero durante il tour successivo, che venne sospeso più volte, prima di essere definitivamente interrotto a causa delle precarie condizioni di salute di Dolores.
Dopo un lungo periodo di pausa dalle scene, il gruppo si ripresentò nel corso della cerimonia per la consegna dei premi Nobel a Stoccolma, nel dicembre 1998, suonando anche Promises, che sarebbe divenuto il primo singolo di Bury the Hatchet (letteralmente: seppellire l'ascia). Il successo di questo disco non fu pari a quello dei precedenti, soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma incoraggiò comunque il gruppo a proseguire con il successivo Wake Up and Smell the Coffee.
Le voci di un possibile scioglimento della band crebbero negli anni, soprattutto a causa delle frequenti dichiarazioni di Dolores sulla sua necessità di sperimentare nuovi percorsi musicali. Dopo la pubblicazione della raccolta Stars nel 2002, e gli ultimi concerti come sostenitore dei Rolling Stones nell'estate successiva, divenne ufficiale la scelta del gruppo di prendersi un periodo di pausa per dedicarsi ad altri progetti.
O'Riordan intraprese la carriera da solista con un album uscito nel maggio 2007, Are You Listening? e col secondo album, No Baggage uscito nell'agosto 2009. Noel ha invece realizzato l'album Mono Band, uscito nel 2005, frutto di collaborazioni con altri artisti.
La band tuttavia, nel settembre 2009 con un comunicato ufficiale sui siti di Dolores O'Riordan e dei Cranberries, ha annunciato il ritorno del gruppo, con un nuovo tour (Reunion Tour) tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010. Nel febbraio 2011 comincia la registrazione del nuovo album Roses nei Metalworks Studios di Toronto, la cui uscita è prevista per il 27 febbraio (21 per l'Italia) 2012. Il 23 novembre 2011 esce il primo singolo estratto da Roses: Tomorrow. La canzone ha raggiunto la quinta posizione nella classifica airplay italiana. Il 18 febbraio 2012 sono stati ospiti speciali alla finale di Sanremo 2012. Il 15 marzo 2012, dopo un tour promozionale in Usa ed Europa per radio e televisioni, parte il 'Roses Tour' da Auckland (Nuova Zelanda). La prima parte del tour toccherà Nuova Zelanda, Australia, Asia e Stati Uniti fino al maggio 2012. Per motivi poco chiari, fin dalle prime date il tour vedrà continui rinvii e cancellazioni (anche all'ultimissimo secondo, quando il concerto sarebbe già dovuto esser iniziato). Il 2 giugno 2012, attraverso un comunicato ufficiale, la Cooking Vinyl rende noto che il tour estivo europeo dei Cranberries (che sarebbe dovuto partire a Londra il 18 giugno) è stato completamente rinviato in autunno. Alcune date, trattandosi di festival estivi, sono state cancellate. La cantante Dolores O'Riordan ha così espresso le sue scuse 'Per motivi personali che preferisco mantenere privati, non mi è possibile in questo momento partire per questo tour estivo. Mi dispiace per tutti i fans che aspettavano i concerti e prometto che i Cranberries torneranno al loro meglio il prossimo autunno'.

venerdì 6 luglio 2012

La poetica del Signor G

Giorgio gaber
Col suo teatro-canzone Giorgio Gaber ha attraversato quarant'anni cruciali della storia italiana, in una compenetrazione continua tra pezzi di vita pubblica e privata. Ironico, ruvido, istrionico, nel corso degli anni è stato definito "anarchico", "vate dei cani sciolti" e perfino "l'Adorno del Giambellino", ma qualsiasi etichetta risulta insufficiente a riassumerne la personalità.
Gaber si è spento a 63 anni, dopo una lunga malattia. Ritratto di un "maverick" meneghino che non ha mai accettato di farsi accalappiare
storia, mia positiva o no, è qualcosa che sta dentro la realtà"
Il corto circuito che uno spettacolo di Giorgio Gaber metteva in moto era gesti e canzone, impeto civile e divertimento. Non è semplice spiegarlo. Alla naturale precarietà del nostro difficile tentativo di raccontare la musica, si aggiungono altri livelli, parlando di Gaber. Chi non ha avuto la fortuna di assistere a un recital del Signor Gaberscik difficilmente potrà comprendere il coinvolgimento fisico che il suo teatro-canzone sapeva ingenerare. I recital che Giorgio portava in giro per i teatri negli anni 70 erano overdose di intelligenza, perché sferzavano come una sega circolare costumi in irrefrenabile mutazione. Ma lo facevano utilizzando insieme la parola e il corpo (oltre che la musica). Quegli spettacoli, sia quelli interamente di Gaber, sia quelli allestiti insieme al sodale di 30 anni Sandro Luporini, sono pietre miliari, verrebbe da dire sociologiche, per la loro capacità di mettere a nudo, con pudore e sottigliezza, la tragicità ordinaria dell'esistenza e del vivere insieme. Quanto sia importante l'aspetto corporeo e fisiologico, nell'arte gaberiana, è indiscutibile. Lui, lì, sul palco, un guitto nero, con quei suoi tentacoli - le braccia, il naso, le gambe; le smorfie, i tic, i ghigni, i sorrisi timidi. Un corpo parlante.
Il canzoniere di Giorgio Gaber attraversa quarant'anni cruciali di storia italiana. Una compenetrazione ineguagliata tra pezzi di vita pubblica e privata, tra l'ansia di chi si è sforzato tutta la vita di fare i conti con la misura della propria inutilità, e la rabbia di un maverick meneghino che non ha mai permesso a nessuno di farsi accalappiare. Lui diceva sempre quello che sentiva vero; lucido, affilato.
Già nel 1970 (in "Il Signor G dalla parte di chi", nell'album concept Il Signor G), Gaber aveva il coraggio di cantare, a proposito dei movimenti giovanili, che, sì, hanno ragione perché sono giovani, ma, alla fine, l'uomo G si chiede: "Me ne importa poi tanto di queste cose?". Lui intendeva "dentro, per la mia vita, come fatto fisico". Ecco un primo esempio di poetica della fisiologia. Ne è costellato tutto il repertorio di Gaber. "I borghesi" (dall'album omonimo del 1971) parte dall'assunto di un malessere fisico che produce strane allucinazioni ("Quand'ero piccolo non stavo mica bene"). Sono le allucinazioni che hanno le persone sane, finché sono sane. Ed è soprattutto in Far finta di essere sani che Gaber esprime in modo perfettamente organico tutto ciò. Cerco un gesto, un gesto naturale è il tentativo di un approdo rassicurante, che è prima di tutto del corpo e poi della mente, perché il corpo è più saggio ("Cerco un gesto, un gesto naturale/ Per essere sicuro che questo corpo è mio"). L'impotenza esprime la difficoltà di rapportarsi all'altro in una relazione che significhi realmente qualcosa, partendo da quello che è il primo postulato di Gaber: la propria inadeguatezza, la propria insufficienza. Mentre "La marcia dei colitici" presenta il campionario di un'umanità di "gastritici, stitici, psicosomatici", avanguardia colitica di coliticizzati.
Nello stesso lavoro Gaber raccontava, in "L'uomo che perde i pezzi", utilizzando l'allegoria del corpo, la perdita delle certezze, che si staccano una alla volta: l'ascella, la coscia, il malleolo, il cuore. Lo smarrimento di sé è prima di tutto perdita di contatto con il reale, con quel nocciolo corporeo che è per Gaber del tutto preminente, in un'epoca che ha reso tutto sovrastruttura e che ha iper-intellettualizzato ogni percezione. Smarrimento che sarà addirittura perdita del nome, nel monologo surreale Angelieri Giuseppe (in Anche per oggi non si vola).
Un decennio dopo, in Io se fossi Gaber, la riflessione sull'identità sarà legata al cosiddetto look ("Da un po' di tempo non so più come vestirmi", da "La vestizione"), soffermandosi sul contagio delle masse e sulla difficoltà di rimanere un individuo senza farsi opacizzare dalle mode ("La massa").
Torniamo indietro, al periodo aureo degli anni 70. Nel brano "Far finta di essere sani" (un vero manifesto) si vagheggia, smascherando le contraffazioni e l'ipocrisia delle ideologie, "una donna normale che riesce anche a esser fedele, comprando sottane, collane e creme per mani". La "sicurezza degli oggetti", i rituali della normalità, l'elegia della medietà, dieci anni prima di Nanni Moretti: più di un punto in comune con il regista di Monteverde. L'integrità irriducibile, l'asciuttezza di uno sguardo disincantato e amaro, quel moralismo di una minoranza condannata a rimanere tale dalla propria sintassi etica.
La sanità codificata di Giorgio Gaber è l'ancoraggio delle cose reali, concrete, mentre l'impegno nelle categorie "pubbliche" rappresenta una scappatoia - i testi gramsciani, i gruppi di studio, la lotta di classe -, scialuppe provvisorie, salvataggi solo consolatori; e le idee sono soltanto astrazioni. Gaber canta in uno dei suoi momenti più alti: "Se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione" ("Un'idea", da Dialogo tra un impegnato e un non so). Le idee non si possono toccare, non si vedono. Ognuno le manipola come crede: il razzista predica antirazzismo, il tradizionalista si veste di avanguardia psico-pedagogica. Tutto è gratis finché è solo idea - la coppia aperta, il femminismo, la psicanalisi. Finché sono concetti che si hanno solo in testa, ma non nella pelle. Il corpo, invece, si vede. Il corpo parla, non può mentire (ricordate i tic dell'antica "Goganga"?).
In Anche per oggi non si vola il cantattore torna sul tema in modo ancora più esplicito. Il corpo stupido è la storia di una notte trascorsa con una donna della quale "condividere la linea", dalle buone letture. "Era perfetta ma non ho avuto voglia di toccarla", canta Gaber. "Com'è corretta l'ideologia/ Com'è ignorante la simpatia/ Io purtroppo non riesco a istruire il mio tatto/ Non riesco a politicizzare l'olfatto/ Ci ho il corpo stupido". Gaber liberalizza il trionfo dei sensi e della sincerità, arrivando a ululare come Marcello Mastroianni con Sofia Loren. In "L'odore", il protagonista è assediato da una persistenza olfattiva che non va via. Non basta lavarsi (inevitabile riandare allo "Shampoo" e al candido trionfo di schiuma, sciacqui e risciacqui); la puzza persiste. Quasi che la grevità ricordasse continuamente le sue leggi alla presunta superiorità intellettuale delle sovrastrutture e delle formule: "Sciacquoni, sciacquoni, forza, cessi!" ("È sabato", da Dialogo tra un impegnato e un non so).
Dopo una lunga carriera di successo, tra Sanremi, varietà Rai del sabato sera, duetti eccellenti e grandi hit, il Signor Gaberscik era convinto che il suo ruolo fosse quello del giullare: "Devo fare per forza il pagliaccio/ Devo solo fare divertire/ Suona chitarra, falli divertire/ Non farli mai pensare" ("Suona chitarra", da Il Signor G). Ma questo giullare pensoso ci ha illustrato l'Italia dell'ultimo Novecento più di molti articoli o saggi specializzati.
Con lo sferzante sarcasmo di un Brel, Gaber sputò nei teatri la sua poetica dissacrante anti-borghese, anti-clericale, ritratto di bigotteria, sciacallaggio, ipocrisia. Ma Gaber non sposa nessuna ideologia: il suo sguardo è impietoso anche nei confronti delle mode obbligatorie della sinistra. Fu tra i primi a prendere le distanze da certe ideologie post-68, pur rimpiangendo quello slancio. La sua voce è quella di un individualista senza pace, che non riesce a tacere su nulla. Nutre una feroce antipatia per le masse omologate e pappagallanti, Gaber. In "L'uomo non è fatto per star solo", da "Polli di allevamento", dice: "Le cose buone non fanno epidemia/ è un fatto biologico/ L'intelligenza non si attacca/ La scarlattina sì/ Le persone che si aggregano hanno incorporato un distillatore che elimina via tutto il buono e lascia passare la merda pura". Fiducia dolente nelle esperienze individuali, enorme sfiducia nell'aggregazione e nelle collettività. Questo è un altro dei punti cardinali dell'etica gaberiana. Lo troviamo continuamente, nei lavori già citati, ma anche ne "I cani sciolti" (da Io come persona) fino a "Verso il terzo millennio" (da La mia generazione ha perso). A patto di non confondere il falso senso di ebbrezza che dà il consumismo d'allevamento - la libertà obbligatoria -, con la libertà vera, quella che non consiste solo "in uno spazio libero", ma nella partecipazione ("La libertà"). "Ma come, con tutta la libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?" ("Si può", da La mia generazione ha perso).
Alternando con straordinaria intensità musica e monologhi, Gaber ci ha insegnato molto: combattuto tra vita e nevrosi, tra benessere e scoramento (ha dedicato anche molte canzoni al suicidio: "Il signor G sul ponte", "Il suicidio", "Il dilemma"), cantando l'illogica allegria e il "diritto di vivere il presente". Mettendo a nudo gli intralci della coerenza e le asperità dell'onestà intellettuale e dell'indipendenza. Cantando la sessualità e il rapporto di coppia con maestria balzacchiana, coniugando le doti del caratterista con l'algebrica puntualità del moralista. Fu un intellettuale senza cattedra.
Lo stupore, l'adesione, la rabbia, il dolore, il desiderio. Sapeva, Giorgio, che "tutto va in rovina" ("L'illogica allegria", da Pressione bassa); che le cose diventano "risapute e stanche". Ma il suo non fu nichilismo: fu piuttosto un'iper-consapevolezza. La sua amarezza era divenuta sempre più insanabile. Il suo ultimo album in vita, La mia generazione ha perso, è un testamento di programmi e ideali falliti. Il postumo Io non mi sento italiano annuncia i medesimi toni. Gaber, che fu tra i primi ad allontanarsi dal settarismo delle ideologie, mal si rassegna allo sperpero degli ideali e dell'impegno civile d'un tempo. S'incazza più di sempre, perché non vede "più nessuno che s'incazza". Tutto è annacquato. "Ma questa è un'astrazione/ È un'idea di chi appartiene/ A una razza in estinzione". La sua.
Né destra, né sinistra, per Gaber ("Destra-Sinistra"). Gli era geneticamente inibita l'adesione a un'ideologia, l'appartenenza precostituita (se non nel passato di "Qualcuno era comunista"). Non riusciva a condividere un sentimento di massa. Da varie parti gli viene mossa l'accusa di qualunquismo. Forse Gaber fu qualunquista, se questo significa il rifiuto dell'anestesia, se comporta l'obbligo di tenere il cervello in azione, lo spirito critico vivo, combattendo la stupidità e il conformismo, da qualunque versante provengano. "Oppure sono io che non capisco più un cazzo" ("Timide variazioni", da Polli di allevamento).